Quando gli artisti entrano in contatto con le comunità che li ospitano, e si mettono in ascolto, e imparano da loro, succedono delle cose bellissime. Con aperto_art on the border in Valle Camonica questa prassi dona i suoi frutti da anni. La giornalista Nadia Busato ci racconta uno degli esempi più recenti, e lo fa un attimo prima della ribalta delle inaugurazioni ufficiali: l’incontro tra l’arte contemporanea e la lavorazione della lana, una pratica artigianale e contadina che sembrava ormai perduta…

La stazione di Malonno.
Ci sarò passata cinquanta volte nella mia vita, andando avanti e indietro con quello che noi della città abbiamo sempre chiamato “il trenino”.
Passata non significa fermata.
E così, eccomi qui: 38 anni, due figli, jeans strappati, maglioncino con scollo ad anello troppo leggero per il freddo di questo settembre piovoso, ombrello cheap da franchise di articoli per la casa, per la prima volta nella mia vita mi fermo qui, entro e mi siedo sulla lunga panca che arreda una parete della stretta sala d’aspetto della stazione di Malonno.

Fuori una targa mi rivela che siamo a 538 mt sul livello del mare. Faccio un paragone, spannometrico, con il monte che vedo tutti i giorni: la Maddalena, a noi gnari di città (Brescia, ndr) più familiare per le ville con piscina di qualche amico benestante che per il suo essere montagna urbana. La Maddalena, ricordo, supera gli 800 mt (internet mi confermerà poi che sono 874). Qui siamo a 538 mt.

Quindi i miei primi otto minuti in sala d’aspetto a Malonno li passo così: chiedendomi dov’è che, mentre salivo su per la Valle Camonica, a un certo punto sono scesa; e nemmeno di poco.

C’è una tabella con gli orari, una bacheca di avvisi che molti pendolari conosceranno a memoria senza nemmeno esserne consapevoli, la lunga panca di legno che misura almeno otto sederi e mezzo di teenagers, le piastrelle color tortora, la parete bicolore da non luogo: sotto grigiazzurro, sopra grigiobianco.

Proprio qui, esattamente dove sono seduta io, tra meno di una settimana troverà posto una delle opere di Aperto 2017: un “cuscino per sognare”. L’ha ideato Emilio Fantin, artista. E lo realizzerà insieme alle signore dell’associazione Coda di Lana (di cui parlerò meglio più sotto).

– Il cuscino per sognare è fatto con la lana e avrà una specie di protesi colorata. E poi c’è anche il luppolo, che è una pianta che rilassa.

La mia memoria associa il luppolo solo e soltanto alla birra; ma non è certo quello il rilassamento a cui si riferisce Fantin.

Se quello che vi interessa è Aperto 2017, potete andare sul sito aperto.lavallecontemporanea.it: dentro c’è tutto quello che dovete sapere sull’arte e gli artisti di questa edizione.

Il fatto è che, al di là di Aperto 2017, a Malonno succederà una specie di magìa. Con l’incursione dell’arte, la stazione e la casetta adibita a deposito che se ne sta zitta zitta a lato dei binari si trasformeranno in un concentrato di manufatti che uniscono arte e artigianato; ma che dentro, se sai da dove vengono e dove vogliono andare, hanno una storia importante che merita di essere raccontata.

Partiamo dalle cose.

Tra pochi giorni ci saranno: un’esposizione di vari manufatti realizzati dalle signore dell’Associazione Coda di Lana (ne scrivo tra poco: ancora un momento di pazienza). Poi ci sarà il cuscino per sognare. Fuori, nell’orto, la lana sarà usata per la pacciamatura delle coltivazioni e per l’orto verticale: due delle molte applicazioni della lana in agricoltura, scopro. Ci sarà anche un pannello che illustra funzioni e aspetti che la lana può assumere, se viene adeguatamente trasformata. Insieme al pannello, le trasformazioni della lana saranno dimostrate dal vivo dalle signore di Coda di Lana; di cui adesso – come ho promesso – scriverò tutto quello che so.

Il loro blog (codadilana.wordpress.com) ha un motto: “vestire è un atto agricolo”. Ci penso per giorni; poi me lo faccio spiegare da Marina.

– Le nostre radici sono in Valle Camonica, una valle per tradizione pastorale, con un pastoralismo sia di greggi di pecore transumanti dalle montagne alle pianure, che di greggi stanziali in stalle e paesi. Se un tempo per i pastori la lana era una risorsa preziosa, oggi è difficile farla ritirare, è difficile darle nuova vita. Insomma: la lana è diventata un problema, per non dire un rifiuto. Noi volevamo ribaltare questa prospettiva. Abbiamo organizzato la prima raccolta di lana: una festa che serve ai pastori per conferire la loro lana, di cui noi garantiamo il ritiro e l’avvio a nuova vita. Nel frattempo, abbiamo riportato in vita, riscoprendole e affinandole, le tecniche proprie delle “donne legate alla lana”: filatura, cardatura, tintura, tessitura e infeltrimento. Quindi, l’evento di raccolta è il punto di partenza sia per una produzione di oggetti, ma anche per sensibilizzare e far conoscere più da vicino la lana e le sue mille preziose proprietà.

Un lavoro, quello di Coda di Lana, che ha radunato e aggregato una comunità eterogenea, con valori che vanno al di là del semplice riutilizzo e rifunzionalizzazione di una materia prima come la lana. Ed è questa la ragione del sodalizio con Fantin.

– Per i pastori siamo un veicolo di promozione e tutela; non solo per la materia prima, ma per la loro voce: parliamo di loro e difendiamo la loro presenza nel nostro contesto montano e pedecollinare come valore di salvaguardia del territorio. La comunità, per altri versi, è attratta dal valore che porta con sè la lana, che è valore di identità perché ricordo; valore terapeutico perché lavorare la lana e avvolgervisi fa bene; valore sociale perchè attorno alla lana si discute, ci si confronta, si scopre e ri-scopre.

L'incontro tra l'artista Emilio Fantin e le donne della lana della Valle Camonica rischia di diventare un progetto di sviluppo territoriale destinato a restare in questo territorio ben oltre i limiti di Aperto 2017.

– La mia arte è ispirata al legame tra uomo, terra e animali. Ho proposto alle istituzioni e alla Comunità Montana di immaginare proprio qui, in Valle Camonica, una scuola diversa, guidata da un principio di cooperazione delle persone con gli animali e con le piante. Una relazione possibile basata non sullo sfruttamento, bensì sul rispetto per l’ambiente e la terra in generale. Valori necessari, che però devono poi essere portati dalla teoria nella pratica.

Un progetto di formazione delle nuove generazioni, dunque, che vede nella conoscenza dell’ambiente e nell’equilibrio tra uomo e natura la base di una crescita sostenibile. Fantin ha pochi dubbi in merito a un impegno politico della sua presenza in Valle Camonica: per lui, queste montagne – e non solo queste – non sono fatte per il profitto.

E infatti, l’Università della Montagna e gli studiosi delle tradizioni della Valle Camonica hanno risposto positivamente all’appello dell’artista.

Come, del resto, hanno fatto subito le signore della lana:

– Grazie a lui abbiamo visto il nostro stesso lavoro con altri significati e messaggi; e crediamo che attraverso noi e il nostro agire anche lui abbia potuto conoscere e scoprire il nostro territorio e i suoi saperi. Mai come ora, in questo fermento di persone che cercano un nuovo legame con la Madre Terra, partire dalle proprie radici per trovare un cammino fatto di nuove pratiche è necessario e urgente. Il nostro intento non è riprodurre ciò che è stato ma è affermare che ciò di cui siamo fatti è ancora l’essenziale.

Quando chiedo a Marina di descrivere l’incontro tra Coda di Lana ed Emilio Fantin, tra le artigiane e l’artista, mi dice che i loro mondi non si sono semplicemente incontrati: si sono abbracciati.

Di questo abbraccio, la stazione di Malonno, gli spazi quotidiani delle attese, quelli sconosciuti come l'orto, quelli trascurati e anonimi come il deposito, conserveranno resti e testimonianze, disseminati per ricordare alle persone storie e valori che dovrebbero già essere parte di loro. Precisamente: le loro radici.

– Sono consapevole che quello che propongo è ambizioso e difficile – dice Fantin – Quella di Malonno sarà una scintilla con cui spero di attivare idee e suggestioni, nonché ambizioni. Esiste un movimento planetario che coinvolge la pedagogia, l’agricoltura, l’uso dei pesticidi, l’inquinamento; e che fissa il centro del rapporto tra uomo e natura in un certo modo. In Valle Camonica esistono molte persone che la pensano così, che sono sensibili alla loro cultura e al paesaggio. Qui ci sono le acciaierie, è vero. Ma ci sono anche le pecore. Se è vero che molti giovani se ne vanno da qui, è anche vero che altri giovani ritornano per dedicarsi alla campagna e alla montagna.

*** Quale sia stato il risultato, lo potete scoprire sul sito di Aperto, nella sezione dedicata all’opera di Fantin, “Scuola di Arte Animali e Terra”. Qui sotto una piccola gallery con le immagini della giornata inaugurale, avvenuta il 14 ottobre 2017 sotto uno splendido sole, a differenza di quando la nostra Nadia Busato ha fatto il sopralluogo che ha ispirato questo articolo. Le foto sono di Codadilana e Giulia Virtus Azzoni.

Nadia Busato
Classe 1979, è laureata in Lettere Moderne e ha un Master Europeo in Alta Formazione. È giornalista, copywriter, blogger, autrice per il teatro, la radio e la TV, è docente di pubblicazione etica su web ed esperta di dinamiche di interazione attraverso la rete. Collabora con l'edizione bresciana del Corriere della Sera scrivendo di trend culturali emergenti, smart city e di tematiche femminili. Collabora inoltre con Grazia, Panorama, La Repubblica Velvet, BresciaOggi. Ha pubblicato romanzi e saggi per Mondadori, Baldini Castoldi & Dalai, Newton Compton, LIT edizioni. Vive e lavora a Brescia. Il suo sito ufficiale è nadiolinda.it