“Ci si concentra sempre sulle opere d’arte. Ma cosa accade prima? Cosa succede nei luoghi e nelle persone a cui un’opera d’arte cambierà per sempre la prospettiva? Ce lo racconta Nadia Busato, che poco prima che l’artista Moneyless lasciasse la sua opera su un muro del piccolo Comune di Braone ha incontrato una comunità in fermento…”

Mentre guido verso Braone, cerco di figurarmi come sia la vita in un paese di meno di 680 abitanti. Mi concentro sulle cose piccole. Nomi e facce sono reali, per tutti. Un fatto non così scontato oggi che intrecciamo confidenze con conoscenti virtuali che spesso non abbiamo mai visto, anche se li chiamiamo “amici”. Dai neonati a quelli che hanno visto entrambe le guerre: tutti lì, insieme. Il secolo breve in un intreccio di vie e vicoli sul fianco dei monti Disgrazia – si chiamano proprio così: controllate pure sul sito del Comune.

Il grande vip qui è lui, il Pizzo Badile, che sprezzante guarda dall’alto in basso tutta la valle e persino la sua dirimpettaia, la Concarena – o come la chiamano qui: La Narèna. Due giganti dai piedi umidi e dalla testa calcarea che si fissano imperturbabili.

In mezzo, la valle, le case, le persone. Anche “community” qui è una parola che ha un valore speciale, perché c’è stato un tempo non lontano in cui la comunità era una questione di sopravvivenza. E oggi, invece, è la sopravvivenza ad essere un valore, perché la montagna è sempre lì, maestosa; mentre la vita a terra cambia così veloce che qualche volta non c’è nemmeno il tempo di essere umani.

Tranne che nell’arte: lì la creatività e la tecnica riescono a trasformare i materiali in qualcosa destinato a restare ben oltre i limiti del tempo umano.

Entro a Braone in una domenica di pieno autunno. Il cielo cupo, le cime calcaree che svettano nell’aria immobile, una pioggia leggera e un silenzio per il quale le mie orecchie da cittadina istintivamente ringraziano.

In Comune mi aspetta un vero staff di progetto. C’è Gabriele che è il sindaco insieme a Ignazio il suo vice. Poi ci sono Simona, che va e torna dalla sua casa di Milano mossa dalla passione di affiancare gli artisti che lavorano in strada. E c’è Nicola, che siccome fa questo anche lui, si occupa di tutto il lato pratico dell’arte: i colori, gli strumenti, le basi, le finiture, l’aiuto.

Il Sindaco – Chiamami Gabriele: qui abbiamo solo i nomi! – mi mostra il bozzetto, in anteprima e ancora segreto. Poi mi descrive la parete su cui andrà: un muro di contenimento costruito negli anni ’70 intorno alla proprietà dell’Istituto del Clero. L’artista lo ha preferito ad un altro, più piccolo ma più simbolico per Braone, perché vicino al monumento ai caduti, nella piazza che vediamo dalla finestra del municipio.

Questo è invece un lungo muro di quasi 57 metri di lunghezza all’entrata del paese, con altezze discontinue che superano i quattro metri e una fontana in cemento protetta da una nicchia.

– Non una delle più pregevoli – precisano i miei ospiti – : le altre sono in granito. L’opera le darà un valore diverso.

A Braone le fontane non si spengono mai, come succede in ogni posto dove l’acqua non smette di scorrere. Nemmeno d’inverno, quando noi giù a valle subiamo come un rito di fine estate il prosciugamento delle fontane cittadine, prima che il freddo ne geli le tubature.

Non è il freddo, mi spiegano: dove l’acqua scorre non ci sono problemi. È solo quando si scalda e si ferma che si guasta. Anche se ciò che rende l’acqua cattiva ha un nome tanto poetico quando ingannevole: si chiama fioritura, ma non promette niente di buono.

Simona, la curatrice, fa notare che tra le velature dei colori si scorge il profilo della Concarena.

Chiedo se il paese è pronto per accogliere un’opera così: astratta, colorata, contemporanea, non semplice da apprezzare.

In fondo è avvenuto tutto velocemente: la Comunità Montana ha pubblicato un bando, Braone si è candidato, in pieno agosto è arrivato il sì; poi in poco più di dieci giorni la scelta del muro, la richiesta all’Istituto del Clero, la preparazione, la sponsorizzazione tramite bando per le attrezzature e i colori.

– Non abbiamo raccontato niente al paese perché non ne abbiamo avuto il tempo – dice il Sindaco. – Certo: non tutti sono preparati né hanno gli strumenti per capire un’opera astratta. Ci sarà chi dirà: poteva farlo chiunque; e non ha tutti i torti. Ma c’è anche chi ha visto la parte di bozzetto che abbiamo pubblicato in anteprima e ha risposto positivamente: meglio i colori che il muro grigio. E poi, Braone è una comunità che in questi anni ci ha sorpreso e continua a sorprenderci.

Wall in art è un progetto che cresce al ritmo di tre o quattro opere all’anno. In questa terza edizione si arriverà a circa 10 muri d’arte. L’obiettivo è di almeno 20 muri per il 2020.

– Tutti di altissima qualità – tiene a precisare Simona – sia artistica che tecnica. Le opere sono fatte per durare almeno 12-15 anni.

Il nemico è solo uno: l’umidità invernale.

Ma la forza di Wall in Art non è solo negli artisti e nelle loro opere: è una vera e propria colonizzazione, una conquista ad arte, un’onda che ha in ogni muro il suo epicentro e che si espande nella Valcamonica e nelle comunità che la abitano attraverso gli appuntamenti nelle scuole, gli incontri degli artisti con con gli abitanti di tutte le età.

– I bambini andranno a vedere l’artista al lavoro. E già lo sappiamo: vorranno tornare ogni giorno a vedere come procede l’opera. Fanno così: vogliono essere certi che l’artista finisca. E che abbia fatto un buon lavoro!

A Niardo, poco più di due kilometri a sud, percorrendo proprio la strada che costeggia il Wall in Art di Braone, succede esattamente la stessa cosa: un muro per l’arte, artisti al lavoro in strada, la comunità tra aspettative e attese. Il sindaco, Carlo Sacristani, usa parole chiave significative per descrivere cosa sta succedendo. Parla di processo creativo e artistico, di comunità, di reazione egregia, di interesse, di coinvolgimento, di coesione.

Dice che questa iniziativa in Valle Camonica unisce il passato al futuro, alludendo alle incisioni rupestri e a un vivaio di artisti camuni che crescono e meritano di essere valorizzati. E parla di ritorno nel medio periodo, come mi spiega anche Simona:

– Oggi il ritorno è soprattutto di comunicazione: si parla di Wall in Art, ci sono le foto. Tra non molti anni, ci sarà una mappa della valle con un numero consistente di muri d’arte che meritano di essere visti. E ci saranno persone che, seguendo l’arte, finiranno per amare anche i paesi e la Valle Camonica.

Per strada, prima di tornare in città, dove le fontane sono già spente, faccio un po’ di fotografie al muro, imbiancato di fresco, come una tela.

– …comunque, – mi dice Ignazio, a bassa voce – ho detto a Nicola, mentre segue l’artista, di stare attento ai commenti.
– Ha paura che qualcuno protesti?, chiedo.
– Ah no. È solo che tutti meritano di capire; anche quelli che non fanno domande.

*** L’opera che adesso campeggia sul muraglione di Braone è stata realizzata dall’artista Teo “Moneyless” Pirisi. In questo video il making of del muro, con tutti i protagonisti citati da Nadia nel suo articolo, la comunità di Braone e i ragazzi del Liceo Golgi di Breno, che hanno assistito a una specialissima lezione di street art. Video: Davide Bassanesi per Distretto Culturale di Valle Camonica 2017

Nadia Busato
Classe 1979, è laureata in Lettere Moderne e ha un Master Europeo in Alta Formazione. È giornalista, copywriter, blogger, autrice per il teatro, la radio e la TV, è docente di pubblicazione etica su web ed esperta di dinamiche di interazione attraverso la rete. Collabora con l'edizione bresciana del Corriere della Sera scrivendo di trend culturali emergenti, smart city e di tematiche femminili. Collabora inoltre con Grazia, Panorama, La Repubblica Velvet, BresciaOggi. Ha pubblicato romanzi e saggi per Mondadori, Baldini Castoldi & Dalai, Newton Compton, LIT edizioni. Vive e lavora a Brescia. Il suo sito ufficiale è nadiolinda.it